Luigi Meneghelli

Gli spazi reconditi di Paolo Radi



Galleria Ferrarin, Legnago - fino al 21 giugno 2014. Una quarantina di opere in materiale sintetico oltre a disegni progettuali e carte simili a palinsesti. Un lavoro fondato sul senso del vuoto, dell’interiorità, del mistero. Spazi limbali, dove le cose stanno sospese in un presagio indefinibile di forma. Prima del visibile o come “ritorno del sepolto”.Sono immagini della “sopravvivenza”, quelle che crea Paolo Radi (Roma, 1966). Non appartengono pienamente né alla vita né alla morte, ma a un genere tanto paradossale quanto quello degli spiriti, che mettono in moto la nostra memoria. “Non voglio fare un quadro, ma esprimere uno spazio”, diceva Fontana. E anche Radi apre spazi interiori, atemporali, sospesi. Solo che non lo fa con un gesto “senza riparo”, ma suggerendo abissi e resurrezioni, ombre e trasparenze, attraverso l’uso di materiali modellabili come il pvc e la pelle-velo del perspex. Per cui non c’è una verità dissimulata, non c’è il segreto. Il segreto è sotto pelle (il segreto e la sua sacertà). È un’intimità simile a quella che si può cogliere dentro un banco di nebbia: la si percepisce, la si intuisce, ma non la si può cogliere mai. Non è una dimensione del tempo passato: è un luogo di “tempo sopravvivente”, un ritorno o un’apparizione del sepolto. Un po’ come accade anche nelle carte che sono stratificate, come scavi archeologici aperti.

Luigi Meneghelli