Giovanni Lauricella

Alzando lo sguardo



Quelle di Paolo Radi sono invero opere particolari, che si distinguono per la ricercatezza dei materiali usati, come il supporto, la spessa e porosa carta d'acquarello, un po' raggrinzita come se fosse consunta dal tempo. Paolo Radi vi fa piccoli interventi con perspex, pvc e gomma siliconica, come ad incentrare l' attenzione dello spettatore su delle deboli immagini che si intravedono appena. Sono squarci di luce fra gli edifici dello storico ghetto romano, visti dal basso verso l'alto, tristi ritagli di cielo rivisti in omaggio ad una memoria collettiva, che l'artista nelle sue opere rimarca drammaticamente. Monocromi che sembrano reperti, specie quelli dove sotto il pvc si intravedono scritture di testi,come reliquie e frammenti di documenti che testimoniano la tragedia del '900 nota a tutti come Olocausto, nella fattispecie quello subito dagli ebrei romani. Nell'elaborata articolazione prevale una vena malinconica, opacizzata dalla trasparenza gommosa del pvc, che esprime le forme come se fossero tracce da preservare nel tempo, come una evocazione che vada conservata per le generazioni future, o forse come una speranza che quel cielo sia non solo lo spiraglio intravisto dal recluso, ma anche l'apertura verso un futuro nuovo per un popolo,un evento storico che si è in effetti realizzato, anche se, come continuamente riscontriamo, su quel nuovo orizzonte si addensano sempre nuvole minacciose. Credo che tanto sia stato detto sul passato del popolo ebraico che, se volessi aggiungere altro, mi sembrerebbe di profanarne la storia, ma forse in quei cieli sagomati dai tetti visti dal disotto è racchiusa anche la proiezione di quel raggiungimento di una terra promessa che il Vecchio Testamento ci ha tramandato come monito ed esempio. L'esposizione ben si ambienta nella suggestiva galleria Annamarracotemporanea, che dà su un caratteristico vicolo del ghetto. Molto interessante è il testo del curatore Lorenzo Respi, che presenta l'ottimo catalogo.