Paolo Radi: Al divenire

Τὸ ἀντίξουν συμφέρον καὶ ἐκ τῶν διαφερόντων καλλίστην ἁρμονίαν.
L’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia.

Così scriveva Eraclito, filosofo greco vissuto a Efeso tra il VI e il V secolo a.C., che secondo la tradizione depositò la sua opera nel luogo più sicuro, il Tempio di Artemide, affinchè i sacerdoti la custodissero e la tramandassero ai posteri. Enigmatico e contraddittorio, accessibile solo a pochi per lo stile ambiguo dei suoi aforismi, non a caso fu soprannominato “l’oscuro”. Oggi sappiamo che l’oscurità del suo linguaggio simboleggia le difficoltà che ogni uomo deve necessariamente affrontare nella ricerca del logos, il principio unico, eterno e universale, che governa la Natura. Ma è possibile conciliare gli opposti, sanare le dicotomie e infine arrivare alla conoscenza? In un solo modo: non cedendo al “sonno della Ragione”, ma usando questa piccola porzione di logos umano che è custodita nella nostra mente.


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Così il divenire delle cose non è altro che il risultato dell’incessante pólemos (guerra, scontro) tra un contrario e l’altro. Eraclito materializza il logos in qualcosa di concreto e tangibile, sperimentabile da tutti, il fuoco. Il fuoco arde sempre, si accende e si spegne in eterno, dona la vita ma può seminare morte, porta la luce e all’improvviso fa ripiombare il mondo nell’oscurità, in un ciclo infinito di trasformazioni nel tempo. Ecco la chiave di lettura della produzione recente di Paolo Radi: per lui l’arte è ciò che per Eraclito era il fuoco. Conflitto interiore, sfida alla contemporaneità, aspirazione alla conoscenza. Anche nel suo caso, la tensione tra i contrari genera armonia e stimola la ricerca di un equilibrio nuovo tra la luce e il buio, che combattono entrambi la propria “guerra fredda” di posizione, all’interno di un sistema universale che tutti noi chiamiamo realtà. Per Paolo Radi l’arte non è, quindi, l’asettica astrazione di un dato della realtà; è, invece, una passione bruciante, un tizzone ardente, che brucia delle contraddizioni del proprio tempo mostrandone i caratteri topici. Paolo Radi è perennemente assalito dal dubbio e dall’incertezza sul divenire del suo lavoro, oltrepassa la soglia della luce per indagare l’oscurità, ma si rifugia costantemente nel materiale a lui più familiare, il perspex. Egli definisce se stesso “il custode della soglia, colui che è affetto da discronia cronica”, ammettendo senza mezzi termini di essere in conflitto con il proprio in-sé, come Eraclito, che in un altro celebre aforisma sull’anima, diceva “Ho indagato me stesso”. La grande opera inedita “Al Divenire”, progettata site specific per la sala Gino Meloni del MAC - Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, è la sintesi visiva, l’esito estremo e attuale, del nuovo percorso artistico intrapreso da Paolo Radi. Pur inserendosi nel consueto panorama espressivo dell’artista – quello delle membrane opache che velano e rivelano, dei volumi aggettanti che segnano il confine tra pittura e scultura, delle vibrazioni luminose che disorientano la percezione –, “Al Divenire” concentra in sé l’identità di due coppie di opposti inconciliabili tra loro: tempo e spazio, luce e buio. Come si addice a un’opera di suggestione eraclitea, in essa si perde la dimensione contingente e si approda al valore universale. Tutto si concentra e tutto si disperde, panta rei direbbe Eraclito. Lo spazio si dilata all’infinito, espandendosi dal cuore dell’opera fino al suo contesto, e viceversa, perché la velocità dello scontro si perpetua per un tempo illimitato: in questa eterna battaglia, luce e buio si confondono tra loro. Prende corpo un’espressività finora sconosciuta, che possiamo definire “buio luminoso”, che grazie alla dialettica del suo contrario, la “luce buia”, si rende visibile in forma plastica. Dall’oscurità riemerge un bagliore di speranza; o, inversamente, nella luce si scorge un angolo buio da indagare. “Al Divenire” è un vortice oscuro, profondo, che si contorce tra le spirali della sua stessa materia costitutiva, imprigionato da una superficie di perspex che lo costringe all’immobilità, impedendogli di venire alla luce. L’opera manifesta la sua condizione di moto apparente e, nello stesso tempo, la sua naturale tensione al cambiamento di stato attraverso lo scontro incessante tra la luce e lo spazio intorno. Parafrasando il frammento di Eraclito citato in apertura, la disarmonia concettuale è strutturale all’armonia formale. Trazione e contrazione, moto e quiete, illuminazione e adombramento, spazialità e volumetria, bianco opaco e nero profondo, pittura e scultura: queste sono le antinomie che confliggendo tra loro hanno dato origine “Al Divenire”. “Per me – spiega l’artista – la spazialità è un fatto mentale. Gestisco lo spazio per mezzo della luce, o della sua assenza (il buio). Seguendo le leggi della prospettiva quattrocentesca creo uno spazio mio, che definisco “tonale”, compresso in superfici biomorfe che sembrano respirare. Le mie sculture sono creature viventi che si nutrono dello spazio e reagiscono alla luce e all’oscurità.” Il divenire è dunque la legge della vita, e anche dell’arte che è una sua creazione. Completano l’allestimento della sala Gino Meloni una serie di carte, realizzate a tecnica mista e mai esposte prima al pubblico. I lavori su carta raccontano il processo mentale, talvolta intimo, che per tappe successive ha condotto Paolo Radi a riflettere su alcuni concetti universali, come lo spazio (superficie e volume), l’infinito (indefinitezza e orizzonte) e la ciclicità (del tempo e degli eventi). A questo proposito i titoli sono emblematici: “Codice interno”, “Percepire il buio”, “Soglia”, “Connesso al divenire”, “Custode della soglia”, “Terra di mezzo”. Dall’inizio degli Novanta Paolo Radi ha orientato la sua ricerca artistica allo studio dei volumi e alla ridefinizione delle relazioni spaziali attraverso la sperimentazione dei materiali sintetici e l’osservazione della loro reazione alla luce. Oggi, in un momento cruciale della sua carriera, sta ribaltando la prospettiva con cui tratta la materia (e i materiali): indaga i limiti fisici della luce, esplora i confini delle ombre, per raggiungere quella soglia invisibile che come uomo e come artista non potrà mai oltrepassare. Sta prendendo coscienza della finitezza dell’essere umano attraverso il suo personale e originale logos, il fuoco del fare arte. Però, cosa ci aspetta nel prossimo “divenire” di Paolo Radi, non ci è dato saperlo. Ἦθος γὰρ ἀνθρώπειον μὲν οὐκ ἔχει γνώμας, θεῖον δὲ ἔχει. La natura umana non ha conoscenze, la natura divina sì.
Opere esposte

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